In post-menopausa, questa affezione colpisce una donna su due, anche se di fatto soltanto una su dieci affronta la questione.
Ci sono argomenti dei quali è difficile parlare, perché imbarazzano e creano disagio. L’atrofia vulvo-vaginale è uno di questi, anche per via dei sintomi con cui si manifesta, difficili da accettare e da confessare: secchezza vaginale, dolore nei rapporti sessuali ma anche problemi dell’apparato urinario, come cistiti ricorrenti, infezioni e incontinenza urinaria.
È un male la cui conoscenza è ancora ancora poco diffusa, in molti casi addirittura sottovalutata, che però ha conseguenze importanti nell’esistenza delle donne e nella vita di coppia.
È sì connessa con la carenza di estrogeni della post menopausa, ma quello che non si sa è che se non curata va cronicizzandosi nel tempo.
Per esemplificare, L’atrofia vulvo-vaginale non è come le “caldane” che prima o poi passano spontaneamente: seppur tipica del climaterio, va curata con terapie specifiche.
Gli effetti della malattia
L’effetto più comune è una sensibile riduzione della lubrificazione vaginale, con in alcuni casi leggere perdite di sangue. L’affezione può avere conseguenze non trascurabili anche sulla vita di coppia, a tuti i livelli affettivo-sessuali: si stima che oltre la metà delle donne che ne accusano i sintomi evita l’intimità con il partner.
Le strategie conosciute per contrastare l’atrofia vulvovaginale sono esercizi del pavimento pelvico, laser e radiofrequenza.
Uno strumento di diagnosi recente è invece il Vaginal Health Index a disposizione del medico per effettuare una valutazione su 5 parametri (elasticità vaginale, secrezioni vaginali, ph, mucosa epiteliale, idratazione della vagina). Al termine del test si ha un punteggio per calcolare entità e gravità della malattia.
Per chiunque soffra di questo disturbo o sospetti di esserne affetto è indispensabile confrontarsi con un medico specialista, in grado di offrire consigli e proporre soluzioni possibili.