Nel libro del 1939 The eye of revelation: ancient secret of the fountain of youth, tradotto in italiano con il titolo I 5 tibetani, l’autore Peter Kelder narra di un incontro con un ufficiale dell’esercito britannico, il colonnello Bradford, che gli aveva raccontato come cinque antichi riti tibetani custodissero il segreto per giovinezza, salute e vitalità durature.
Per secoli e secoli, questi riti erano rimasti nascosti in monasteri dell’Himalaya quasi irraggiungibili, ma Kelder riuscì a scovare un monastero, dove vecchi monaci con corpi giovanissimi e in ottima salute, gli svelarono i segreti del ringiovanimento.
I chackra allenati dai 5 tibetani
I cinque tibetani, la cui tradizione avrebbe più di 2.500 anni, sono esercizi di stretching e sforzo, che si combinano con il controllo della respirazione. Essi agiscono positivamente sugli organi interni e sulle sette ghiandole endocrine del nostro organismo. La tradizione orientale vuole che queste sette ghiandole corrispondano ad altrettanti centri energetici chiamati chakra. I 5 riti tibetani sono appunto esercizi specifici per il benessere dei chakra.
I 5 tibetani
Questi 5 riti dovrebbero essere praticati ogni giorno. Ogni rito dovrebbe essere ripetuto in multipli di tre, fino ad arrivare a 21 volte.
Il primo tibetano (La Ruota): in piedi, braccia larghe, palmi rivolti verso il basso, ruotare su sé stessi in senso orario, in modo che il braccio sinistro ruoti verso destra.
Il secondo tibetano (L’angolo): distesi a terra, supini, braccia lungo i fianchi, sollevare contemporaneamente le gambe a 90° rispetto al busto, coi i piedi flessi a martello e la testa verso il petto, mentre spalle, schiena e bacino mantengono il contatto con il pavimento. Inspirare durante la flessione ed espirare nella fase di distensione.
Il terzo tibetano (L’ Arco): in ginocchio, mani posizionate sui glutei, piedi in appoggio sulle dita flesse e in contatto con il suolo, testa appoggiata sullo sterno, inarcare all’indietro la schiena, testa e le spalle, con il viso disteso, inspirando quando si inarca ed espirando quando si assume la posizione di partenza.
Il quarto tibetano (Il Ponte): seduti, gambe distese e piedi larghi quanto le anche, busto eretto, mento che guarda lo sterno e i palmi delle mani poggiati a terra con le dita verso i piedi, piegare le ginocchia, sollevare il bacino e lasciare indietro la testa, inspirando in salita ed espirando in discesa,
Il quinto tibetano (La Montagna): la posizione di partenza è la quadrupedia. Da questa posizione, con i palmi appoggiati a terra, si allungano le gambe e si estende il busto, portandolo ad assumere con il corpo la posizione a V rovesciata e mantenendo le piante dei piedi poggiate a terra e le gambe distese.